Pensare liberaMente

martedì 29 dicembre 2015

Stretta di mano

Eccolo qua!
L’ultimo chilometro del 2015, ancora qualche pedalata, ancora qualche passo e anche questo è andato.
I miei bilanci già li ho fatti e non starò qui a dire quello che di più è mio.
Certo a rileggere i post di quest’anno qualcosa si capisce, ma a un certo punto è naturale e salutare mollare il colpo e lasciare che vada come deve andare.
In ogni caso è stato un anno di forti chiaroscuri, tinte sempre forti, a volte accecanti e violenti neri…come anche piacevoli bianchi.
Non è stato uno zero a zero, sia chiaro.
Ma come non ringraziare i compagni di questo mio viaggio?
Quelli che mi hanno fatto sentire a casa ovunque fossimo e ovunque fossi, quelli che mi hanno shokkato quando ce n’era bisogno, quelli che mi hanno amato sinceramente e anche quelli che mi hanno deluso.
Già! Perché una delusione è sempre un’occasione (spesso persa) per guardarsi dentro con più criticità, analizzare, prendersi oneri e onori, rimanere a volte congelati dentro il colpo di frusta dei dolori di mente e corpo. Capire.
È un sorriso amaro, ma è un sorriso.
Qualcuno è andato via e qualcuno è rimasto o comparso sulla mia strada.
Grazie per quello che mi avete dato, regalato, negato e tolto.
Grazie per le emozioni. Tutte!
I buoni propositi per il 2016 sono sempre gli stessi, e come sempre, come largamente succede, arrivati a questo punto, a questo ultimo chilometro, sono rimasti solo buoni propositi…almeno in parte.
La vita ti mette sotto le scarpe strade che non ti aspettavi, anche se spesso e volentieri in quelle strade ti ci cacci da solo, e da solo, se vuoi, te ne devi tirare fuori.
Mi porto nel 2016 una frase importante, oltre a tutto me stesso: “prenditi cura di te !”
Forse sarò un po’ più egoista o più altruista prendendomi cura di me, ma è quello che necessito.
Il passato non lo posso cambiare, il futuro non lo posso prevedere e il presente lo posso solo vivere con coraggio, gioia o tristezza e spero serenità.
A chi mi ha dato male lascio il gusto, il rimpianto, il rimorso o l’indifferenza di quel male.
Ognuno sa cosa gli è rimasto dentro e prima o dopo si capirà da se.
Senza fretta, metto un piede avanti all’altro mi prendo questa vita perché è la mia e a ben pensarci è l’unica che mi è stata data in dono, a me come a tutti.
Solo un monito (rivolto ovviamente anche e soprattutto a me stesso): non siate ipocriti, bugiardi, non tradite voi stessi e soprattutto non fate promesse se dentro sapete di non poterle mantenere fino in fondo; anche se è l’ultimo chilometro, di un anno, di una vita, di quello che vi pare, del lavoro dello studio, non è ancora finita, ed è proprio quando si è sicuri di avercela fatta che cala la concentrazione e il filo sottile sotto i piedi nudi può cominciare a vacillare pericolosamente, lasciandovi, se siete fortunati, appesi ad una corda sospesa nel vuoto.
Quante gare perse per troppa sicurezza!!!


TNX and see u soon

lunedì 21 dicembre 2015

Molliche e pietà

Alla fine c’è sempre qualcuno che t’accarezza l’anima quando più ne senti il bisogno, quando senti che il peso sulle spalle ti curva la schiena, quando ragione e sentimenti non sono più allineati.
Non è né un uomo né una donna; sono le parole che prima ti passano dentro come un rastrello da giardiniere, poi ti curano, piano piano, dai dolori e dai silenzi che hai accumulato dentro.
Parole che ti spiazzano che ti commuovono per la loro semplicità e praticità; parole di una voce disinteressata ma che intendono occuparsi di te.
Ti rigirano come un calzino, fino al vomito, fino a farti capire, da solo, il valore di chi ha camminato con te e dall’altra parte di chi ti cerca come tu cerchi.
Ho cercato per tanto tempo una parola che definisse la qualità dell’uno e dell’altro.
Ho trovato la prima, oggi, mentre il rastrello grattava e sanguinava.
Mi è servito poco, andare indietro ad una visione paradossale, al sublimarsi di menzogne senza vergogna, senza pudore, senza amor proprio…senza dignità se non quella di raccogliere e accontentarsi, chissà per quanto, delle molliche cadute dal tavolo.
La parola l’ho trovata in fondo alla rabbia e al coraggio che ho tenuto in piedi inconsapevolmente, senza volerlo, isolando e isolandomi.
Alla fine quello che è venuto fuori è: poveraccio o poveraccia…fa lo stesso.
Non è un dispregiativo, almeno io non la sento così; è quasi una parola di pietà che giustifica spirali folli, tenute in piedi per non annegare definitivamente.
La seconda parola ce l’ho qui, ancora un po' annebbiata…ma la vedo.
Ho bisogno di inquadrarla meglio, ma so di che cosa si tratta.
E per quanto mi sia stato negato, per quanto non sia stato all’altezza, per quanto non sia stato forte e capace di indirizzare la mia prua verso acque giuste, seppur non sempre calme, una singola cosa è sicura: io sono e intendo essere.

sabato 5 dicembre 2015

...aiutami. No, non posso...

Sabato a casa non è più una novità, anzi è consuetudine. 
Sono le 9 passate ma non ho fame e quindi non mangio, non perché abbia fatto scorte a pranzo...ma ho esattamente un nodo che mi chiude lo stomaco. 
E allora torno indietro, non penso al momento, ma torno indietro senza cercare di capire la logica del comportamento umano.
Se qui fossimo cento persone quante potrebbero alzare la mano e dire e dimostrare di aver soccorso un uomo in difficoltà...economica, morale, di vita...qualsiasi, anche 50 centesimi al povero che ci attende fuori dal supermercato. 
Quanti ?
Dai veramente quanti ?
Ecco appunto. 
Nessun giudizio, non voglio neanche cercare di capire. L'ho detto. 
Dov'è che il mio pensare basico si intoppa allora ?
Beh...rimango male davanti alla disparità di trattamento che taluni adottano di fronte alle scelte di vita. 
Tra un uomo che chiede aiuto e un animale che fa altrettanto, spesso, quasi sempre, si sceglie l'animale. 
Non è una crociata contro chi aiuta gli animali, anzi, gesto nobilissimo da condividere e ammirare. 
Un animale perso, ferito, smarrito, ha più dignità di essere soccorso di un uomo che palesemente ci chiede aiuto ? 
Il cane o gatto o quello che sia ci fa fermare con la macchina, ci fa chiamare i servizi veterinari, viene accudito, riscaldato, rifocillato e infine a volte, per sua fortuna, adottato. 
Che bello, che bellissimo gesto. 
Dieci e lode. 
Ma la prossima volta che un uomo perso, ferito o smarrito, chiede aiuto, non si voltino le spalle dicendo "non posso", perché è un nostro simile, e con tutto l'amore che posso sentire per gli animali, un uomo è sempre un uomo e se si è veramente caritatevole, come si crede, come si dice, come si impone, come a volte ci si illude di essere, allora, quella prossima volta, si dia aiuto quell'uomo che chiede aiuto, accudendolo, dandogli acqua per bere e cibo da mangiare, procurandogli panni puliti e caldi, chiedendo, se serve, aiuto e preoccupandosi fino a quando non si è sicuri che questa notte non correrà nessun pericolo, e se proprio tutto questo non si può fare, almeno si provi ad ascoltare...se si è capaci. 

TNX and see u soon