Più
vado avanti, più parlo, più osservo e più mi rendo conto che spesso il pensiero
non collima con le azioni.
Mi
affascina e mi calamita la profondità e la complessità della mente umana.
In
parte studiata, in parte acquisita sul campo ed in parte appresa da robuste
letture di eterogenei pensatori, la psicologia, il percorso del pensiero e dei
suoi effetti, mi hanno sempre aperto nuove porte di approfondimento e intima
riflessione.
Vissute
sulla mia pelle, le esperienze di sofferenza dell’anima, alla fine
arricchiscono sempre…se si è in grado di cogliere quella parte di buono
incistato in quello che sentiamo essere “cattivo”.
Mi
guardo dietro, i passi che ho percorso e, nella consapevolezza di non poter in
nessun modo influenzare il passato né tantomeno il futuro, mi fermo avanzando
su questo giorno, come domani mi fermerò ed avanzerò sul giorno che verrà.
Una
tra le cose affascinanti sulle quali mi sono soffermato è un principio, quasi
dogmatico che “la mente mente”, nel senso che spesso non dice la verità.
Non
è oggettiva, ma anzi è catastroficamente legata ed appassionata del e al suo
ragionamento, anch’esso spesso e volentieri illogico e come di dice,
“disfunzionale”.
Il
problema si pone nella trasmissione del pensiero tra le “stanze” del cervello
(amigdala – cervello emozionale e corteccia cerebrale…tanto per citarne
alcune).
La
strada del pensiero difensionale, che per indole o patologia si crea (la nostra
mente, noi creiamo), è un’autostrada a quattro corsie, mentre il percorso
inverso è un specie di mulattiera, una strada stretta e tortuosa attraverso la
quale ricondurre i pensieri disfunzionali una volta ripuliti, smontati ed
oggettivati.
Quindi
la comunicazione è impari a favore dell’irrazionale e a discapito del
razionale!
Non
mi addentro all’interno di pensieri disfunzionali che provocano o potrebbero
provocare una vera o più patologie; non ho titolo, non sarebbe giusto e la mia
formazione in materia non è si è spinta in questa vasta prateria.
Quello
che però è sicuro e certo è che dietro ogni emozione (anche se non riusciamo a
vederlo) c’è un pensiero; cioè sono i pensieri che muovono le emozioni; a noi
non ci è data la possibilità di controllare e/o provocare le nostre emozioni
(non parlo di quelle patologiche lo ripeto) …la prova è che se chiedessi a
chiunque di essere o sentirsi felice o arrabbiato o triste sicuramente non
sarebbe in grado di provare questa emozione a richiesta).
Al
di là dei gusti personali, della personalità, dell’educazione ricevuta e del
contesto sociale, c’è una parte intima ed arcaica dentro di noi che produce
pensieri che evocano emozioni.
La
maggior parte di noi è allo scuro di quanto accada e perché accada e quindi,
premettendo che non è un nessun modo una ignoranza o una colpa, rimane in
questo stato di quiete del pensiero…lascia che scorri…! Infatti lo strano sono
io!
Chi
crede di essere buono, non certo chi si comporta da malvagio, sarà convinto che
le proprie azioni saranno interpretate come tali, chi crede di essere altruista
altrettanto e così via.
Spesso
è così, ma altrettanto spesso non lo è!
L’azione
di bontà o di altruismo nasce da un pensiero (come tutto). Ma quel pensiero
potrebbe non essere funzionale, cioè essere irrazionalmente votato al fine di
compiere opere di bontà e misericordia come di altruismo, ma nell’oggettività
delle cose potrebbe non essere così.
Potrebbe
essere che la necessità di sentirsi buoni o altruisti (per indole o
costrizione) partorisca una trappola mentale genitrice di pensieri
soggettivamente funzionali, ma oggettivamente disfunzionali, che immessi nel
circuito delle emozioni, ci facciano compiere azioni, ancora una volta soggettivamente
buone, o altruiste, ma oggettivamente sterili se nono nocive se non tutt’altro
che buone o altruistiche.
Peggio
ancora è quando questo tipo di pensiero viene posto a barriera del proprio
essere, a nascondere o proteggere chissà quale scheletro, dolore, rimpianto o quello
che volete.
È
la necessità (irrazionale) del nostro cervello emozionale (arcaico e poco
intelligente) di sentirsi buono o altruista (altrimenti manderebbe un segnale
di allarme a quegli automatismi responsabili di difendere la nostra incolumità…e
mi fermo…!) e quindi elaborare pensieri che generino emozioni “falsamente” soddisfacenti.
Non
so se non stato sufficientemente chiaro, sicuramente poco, ma quello su cui vorrei
che si riflettesse è che le emozioni, e quindi anche i comportamenti e le
interazioni sociali, più spesso di quanto immaginiamo, sono il risultato di una
mediazione di comodo creata, a volte, per placare ad esempio la propria
sensazione di inadeguatezza o colpa o paura o vergogna…!
Ad
ogni modo i pensieri rimangono pensieri, fatti di interazione biochimiche, ma
le azioni, le parole, i comportamenti influiscono pesantemente sulle persone
cui sono rivolte.
Quindi
attenzione, la mente, a nostra insaputa, produce la più grande quantità di
bugie.
Sta
a noi, volendo, farci un pensiero su.
A
chi vuole buon lavoro.
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