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lunedì 5 dicembre 2011

Atleti si, ma...


Come è noto ai molti miei amici e conoscenti, nel tempo libero, da quasi 16 anni, mi impegno, e mi diverto soprattutto, a fare l’allenatore di nuoto.
Lo faccio con passione immensa, con amore, con professionalità, anteponendo alle mie esigenze, e spesso, a quelle delle Società che ho rappresentato e che oggi rappresento, i desideri dei miei atleti.
Mi scontro, urlo, strillo e strepito per tenere fede alla mia linea, a volte cambio idea, a volte smusso le mie posizioni piene di spigoli, perché capisco che è il caso di fare un passo indietro.
Negli anni ho allenato atleti di ogni sorta, capoccioni, stakanovisti, idealisti, perfezionisti e chi più ne ha più ne metta. Non ho mai cercato di inculcare o trasmettere il concetto di prestazione assoluta, ma semmai, ho sempre portato avanti e messo al primo posto, la prestazione relativa.
Non mi è mai interessato insegnare a vincere su tutto e su tutti; ho anzi insegnato a vincere su se stessi, sul proprio cronometro, sui propri limiti; se poi il proprio limite è quello che porta a risultati di eccellenza, beh…ben vengano…ci mancherebbe.
Non sono un allenatore il cui “rimborso spese” è legato ai risultati o alla classifica, quindi la mia passione per lo sport, per i suoi significati più profondi, sono stati sempre il motore del mio fare, sbraitare, rimproverare, lodare, urlare ed essere a volte più severo di quello che mi sarei aspettato.
Ho allenato, fino ad oggi, tre generazioni di atleti e, in questi giorni, mi sono chiesto quale fosse l’atleta migliore che mi sia mai capitato di avere tra le mani.
Tutti.
Poi mi sono chiesto che cosa, quali fossero le caratteristiche che ho sempre ricercato in un atleta.
Ognuno ha la proprie caratteristiche peculiari sulla quali, magari, insistere e puntare.
Infine, ho cercato di capire quali atleti mi piacerebbe allenare in futuro; uno stile liberista, un velocista, un capoccione o un mulo… !
La risposta è stata unanime nel conclave delle mie richieste.
Voglio allenare un orfano.

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